Una frazione del comune di Paionia, dell’unità periferica di Kilkis della Macedonia Centrale, il villaggio di Idomeni è situato a un’altitudine di 65 metri, ai piedi della collina Kouri, presso il confine con la Repubblica di Macedonia.

Qui, ad Idomeni, a partire dal 2014, i rifugiati scappati dalla guerra civile in Siria, dal Pakistan, dall’Afghanistan e da altri paesi del Medio Oriente, hanno cominciato a trasferirsi per attraversare il confine greco ed entrare nella Repubblica della Macedonia.

Il villaggio di Idomeni, nel corso del tempo, è divenuto il più grande campo profughi della Grecia al confine con la Macedonia.

È stata definita “la Dachau dei nostri giorni” da Panagiotis Kouroumblis, ex Ministro dell’Interno greco.

Basta visionare il paesaggio per rendersi conto dello scenario in cui vivono i profughi che approdano ad Idomeni.

Scopriamo in questo reportage come è precipitata la situazione nell’area dei Balcani e come è stata “risolta” l’emergenza dei migranti accampati nel villaggio di Idomeni.

Idomeni, la “Dachau dei nostri giorni

Una distesa di tende lungo la ferrovia al confine con la Macedonia: nel corso degli anni con l’arrivo dei profughi, il villaggio di Idomeni si è trasformato nella “Dachau dei nostri giorni”.

Prima c’era un valico per accedere alla rotta balcanica che portava all’Occidente.

Oggi invece c’è una recinzione pattugliata dai militari e metri e metri di filo spinato.

Sono tantissimi i profughi che ogni giorno sono costretti a vivere accampati in condizioni disumane.

Oltre dodicimila le persone costrette a vivere in tenda, e quasi la metà degli abitanti del villaggio è costituito da bambini in tenerissima età.

Tantissimi i Medici senza frontiere che ogni giorno sono chiamati ad assistere e a curare i profughi, soprattutto anziani, bambini e le donne incinte, che approdano ad Idomeni senza mariti.

Nella maggior parte dei casi si tratta di giovani mamme con figli piccoli.

I mariti di queste donne tentano di raggiungere l’Europa occidentale, ma purtroppo rimangono “intrappolati” ed ostacolati dalla burocrazia europea.

In effetti, non possiamo negare il fatto che le politiche adottate dai governi europei nei confronti dei migranti, che approdano ogni giorno in Europa in cerca di fortuna, hanno prodotto tantissime emergenze umanitarie.

Emergenza crisi migratoria Penisola dei Balcani

Una situazione di emergenza quella che si “respira” nel villaggio di Idomeni e nel resto della Penisola dei Balcani.

La Macedonia è uno dei Stati dell’Europa orientale che fanno parte della cosiddetta “rotta balcanica“.

Basti pensare al fatto che quando la cancelliera Angela Merkel ha annunciato che avrebbe accolto i siriani in fuga dalla guerra, molti migranti e “fuggitivi” dal Medio Oriente hanno iniziato ad incamminarsi lungo la rotta dei Balcani per realizzare il loro sogno: raggiungere l’Europa occidentale.

L’obiettivo dei migranti “in cerca di fortuna” è quello di attraversare la “rotta balcanica” per giungere nei paesi del Nord Europa, come la Germania e la Svezia.

Perché è così prediletta l’area dei Balcani?

Da un punto di vista geopolitico bisogna ricordare che tutti i Paesi della penisola balcanica (Albania, Macedonia, Bulgaria, Croazia e tutti i paesi dell’ex Jugoslavia) non fanno parte dell’Area Schengen.

Infatti, nei casi in cui i profughi vengano arrestati, vengono spediti come se fossero dei “pacchi” al confine dell’Ungheria o della Grecia. Vengono poi rimpatriati nei paesi mediorientali da dove sono partiti.

La situazione macedone è precipitata quando le autorità hanno preso la decisione di chiudere le proprie frontiere e di pattugliare giorno e notte con posti di blocco dell’esercito.

L’obiettivo auspicato dai Governi macedoni, nell’ultimo quadriennio, è quello di inibire ai “flussi” di migranti di prendere d’assalto l’area balcanica.

Questo ha interessato soprattutto la Macedonia per transitare verso l’Europa settentrionale.

Crisi europea dei migranti: una crisi umanitaria dalle ripercussioni negative

Di concerto, i paesi dell’ex Jugoslavia oggi consentono l’ingresso solo a pochi migranti di origine siriana.

Tale decisione da parte delle Autorità serbe ha acuito la crisi europea dei migranti.

Una crisi umanitaria che ha avuto ripercussioni negative anche sulla Grecia, paese dove ogni giorno approdano migliaia e migliaia di persone provenienti dal Medioriente.

Il villaggio macedone di Idomeni si è trasformato.

Nel corso degli anni è diventato un grande campo di accoglienza dei profughi, che intendono attraversare il confine per raggiungere l’Europa occidentale.

Purtroppo, il campo profughi di Idomeni, dinanzi a questa crisi geopolitica, deve fare i conti con una situazione di allarmismo.

Il flusso di profughi ospitati è circa dieci volte superiore alla capienza massima consentita.

Allarme profughi ad Idomeni: la “chiusura” della rotta balcanica

Di conseguenza, le Autorità dei paesi dei Balcani hanno cominciato a chiudere le frontiere e hanno costruito recinzioni al confine per impedire ai profughi di “transitare”.

Di concerto, anche l’Unione europea ha consentito ai Governi dell’Europa orientale di siglare un accordo con la Turchia.

L’accordo serve perchè vengano intercettate nelle acque orientali le imbarcazioni che varcano il Mare Egeo dirette verso la penisola ellenica con l’obiettivo di percorrere la “rotta dei Balcani”.

La finalità dell’UE e dei Governi è quello di rimpatriare le “masse” dei profughi provenienti dalla Siria, dall’Iraq e dall’Afghanistan.

La chiusura definitiva della rotta balcanica a comportato il blocco dei migranti in numerosissimi campi profughi che costellano la Grecia e la confinante Macedonia.

La crisi e l’emergenza umanitaria nel villaggio di Idomeni ha portato le Autorità ad avviare lo sgombero del campo profughi.

Si è trattato di una misura precauzionale, riportano le stesse Autorità macedoni.

I migranti accampati nel villaggio sono stati trasferiti in campi di accoglienza nell’area settentrionale del Paese.

Chi accetta tale trasferimento può, in cambio, beneficiare della proroga del permesso di soggiorno provvisorio.

Ancora una volta, una “trappola” per i profughi costretti a vivere in condizioni disumane.

La mancanza di igiene, la promiscuità, l’esposizione agli agenti atmosferici comportano un incremento di infezioni e un peggioramento del quadro clinico di ogni migrante.